16/07/10

Le forme del pane

Parlare di forma del pane può sembrare solo un vezzo estetico, un diletto creativo ma secondario.
In realtà dare una forma al pane non è soltanto l’atto conclusivo del processo di panificazione, ma anche una scelta che parla di tradzioni locali, a volte antichissime. Già i romani preparavano pani di forma diversa a seconda delle occasioni: due anelli congiunti nei pani nuziali, pani a forma di lira se l’ospite era un poeta. In Sardegna, ancora oggi, si trovano i pani ordinari, per la vita di tutti i giorni ed i pani delle feste, la cui preparazione è un fatto rituale e comunicativo che trasforma il pane in una vera e propria scultura. Le opere delle panificatrici sarde si ispirano tipicamente all’iconografia cristiana: corone di spine, croci, colombe. Qui i pani hanno un valore augurale e propiziatorio e vengono forgiati con le forme più elaborate utilizzando forbici, is ferrus, o rotelline dentate, sa serretta, in occasioni, di battesimi, nozze, banchetti funebri (1).

Proviamo a modellare il nostro pane, iniziando dai formati più semplici e comuni. Utilizziamo un impasto analogo a quello illustrato nel post: "pane di sudore ha gran sapore!"  e prima dell’ultima lievitazione (punto 4 del post suddetto) diamo la forma che desideriamo; attenderemo fino al raddoppio di volume ed inforneremo a 200°C per circa mezz'ora (il tempo può variare a seconda delle dimensioni del formato; le tipologie riportate si adattano bene a formati piccoli). Per rendere il panino più morbido e delicato si può decidere di sostituire l'acqua dell'impasto con del latte.

Molti dei formati proposti partono da una base di pasta lievitata di forma rettangolare (più lunga che alta). Per ottenerla è consigliabile partire da una pallina di impasto da cui formare dei cilindri che verranno spianati con il mattarello nel senso della lunghezza.


Il Casereccio bolognese: prepara un rettangolo di impasto. Arrotola e srotola fino a metà della lunghezza, premendo nella parte centrale fino ad assottigliare la sfoglia ed allargarne le estremità. Arrotola per tutta la lunghezza e lascia lievitare fino al raddoppio di volume. Prima di infornare incidi la superficie nel senso della lunghezza fino ad una profondità pari alla metà dello spessore (2).



Il Biove: formato tipico piemontese, si ottiene partendo da un rettangolo piuttosto sottile di pasta arrotolato per il lato lungo. I cilindretti così ottenuti vanno lasciati lievitare in modo che non stiano a contatto, separandoli con un canovaccio pulito. Al termine della lievitazione (raddoppio del volume), tagliarli nel senso della lunghezza e appoggiarli sulla placca del forno con il taglio rivolto verso l’alto (2).







Il Carciofo: partire da un rettangolo di impasto, fare dei tagli ortogonali al lato lungo, distanti tra loro circa 1 cm e profondi fino alla metà della larghezza totale. Arrotola nel senso della lunghezza. Mettere in piedi ed aprire i "petali" (2).




I Nodini: forma con l'impasto un cilindretto e stendilo formando un cerchio; arrotola le estremità facendo fare loro due giri. Porta le estremità verso l'alto ed il cerchio di pasta verso il basso. Salda tra loro le estremità (3).






La Mafaldina siciliana: tipico pane siciliano, dovrebbe essere cosparso di sesamo. Si ottiene partendo da un cilindro di impasto ripiegato a serpentina. L'ultimo tratto del cilindro attraversa trasversalmente il pane.



La treccia semplice: forma un cilindrio di impasto e piegalo a metà, intreccia  le due metà a guisa di treccia e chiudi le estremità.


Bibliografia
1. AA.VV.  Pane, panadas e focacce. Ed. L’unione Sarda
2. Sorelle Simili, Pane e roba dolce. Avallardi Editore.
3. AA.VV. Farine e cereali. I grandi libri degli ingredienti. La cucina del Corriere della sera in collaborazione con Slow food editore.